Tag: uva fragola

Clinto, pregi e difetti

Clinto: i pregi?

“Bere il vino nuovo di uve bianche non è mai stato un problema in passato, mentre negli ultimi dieci-quindici anni, con la chimica che viene spruzzata sui grappoli, è meglio evitare di bere il vino ancora torbido, perché le tracce di quella roba ancora in sospensione possono causare spiacevoli effetti collaterali. Sarebbe meglio quello di uva fragola o di clinto… ma io le viti le ho tolte tutte qualche anno fa, per evitare rogne…”. Così un vecchio viticoltore di Solighetto, in risposta alla richiesta di procurarmi un paio di bottiglioni da usare con le castagne di Combai. È un dato di fatto, il vino nuovo costituisce una lacuna, per le nostre zone, anche nei confronti di quel turismo eno-gastronomico, sempre alla ricerca di esperienze autentiche. Problema che si spera in prospettiva possa essere superato grazie agli sforzi di riduzione e modifica dei trattamenti e all’’orientamento crescente verso sistemi produttivi e vini più naturali. E a proposito di questi ultimi, sul Clinto fatto in casa “vino genuino per definizione”, come diceva Mario Soldati “perché così a buon mercato che non vale la pena sofisticarlo” … persistono tuttora alcuni luoghi comuni che è opportuno rimuovere, quanto meno per dovere di informazione.

Clinto: i difetti?

-Il Clinto è sospettato di contenere un eccesso di alcol metilico (metanolo), che come noto, agisce negativamente sul sistema nervoso. Questo alcol è presente naturalmente nei distillati e in alcune preparazioni a base di frutta, e in presenza di quantità ridotte il nostro corpo riesce facilmente a metabolizzarlo. Tutte le recenti analisi chimiche compiute in laboratorio, nei vini rossi da ibridi produttori diretti (I.P.D.) come il Clinto, hanno rilevato una presenza di metanolo inferiore ai limiti consentiti e in alcuni casi anche al di sotto di quella dei vini rossi più conosciuti.
-Si imputa al Clinto di essere troppo ricco di tannini dell’uva, e potenzialmente in grado di provocare intolleranze. In realtà recenti e sofisticate analisi metabolomiche (sul funzionamento del metabolismo cellulare) effettuate su buccia, semi e polpa di uve mature di diverse specie di viti americane, hanno dato come riscontro la quasi totale assenza di questo tipo di tannini.
-Si contesta del Clinto l’aroma muschiato, di selvatico (volpino, foxy per gli anglosassoni). Si sta quindi parlando di gradimento o meno di questo carattere. Ma come la mettiamo con il richiamo al “piscio di gatto” dei Traminer o coi “sentori di idrocarburi” e di “sella di cavallo”, di alcuni prestigiosi rossi da invecchiamento, considerati di pregio?
-Si accusa infine il Clinto di un eccesso di acidità fissa. E come la mettiamo con il Raboso per esempio? O con le vendemmie tardive d’Alsazia e del Reno. O con quello champagne Philipponat, degustato in cantina durante una visita di qualche anno fa (forse troppo giovane) che mi ha provocato bruciori di stomaco per due giorni? L’acidità, può essere un vantaggio, quando manca il grado alcolico, e nascondere anche insospettabili pregi, che emergono però con gli anni. 
Graziano Lazzarotto
uva clinton
Uva clinto